SCACCHIERA E BANG

 DAGLI ANNI DEI CONTESTI E PALINSESTI ALLA RIVOLUZIONE INFORMATICA DELL'ARCHITETTURA

Zaha Hadid, nata a Baghdad nel 1950 e formata a Londra, emerge come una figura fondamentale nella ricerca e nello sviluppo dell'architettura contemporanea. La sua influenza si estende a nuove interpretazioni e interconnessioni con l'ambiente circostante. La sua vita si è svolta in un contesto complesso, navigando tra i maestri del Post-Modernismo e l'era dei grandi progressi tecnologici nella digitalizzazione, testimoniando un periodo di notevole cambiamento e dinamicità.

Tutta la sua architettura è basata sull’idea di frammentazione, di penetrazione dell’edificio stesso, liberandosi dai concetti di gravità e sperimentando al di fuori delle regole esistenti. La sua formazione culturale appartiene in gran parte alla corrente decostruttivista che propone una spazialità continua , in cui l’uso di tutti gli elementi tradizionali si dissolvono in un unica superficie fluida, in una pelle architettonica che si presenta con continue distorsioni, fratture e si sfrangia in un linguaggio di tipo organico. I suoi progetti , liberi dalle coordinate cartesiane diventano paesaggi fluttuanti.


Negli anni '80 si verifica un profondo mutamento. Il crollo del muro di Berlino segna la fine della Guerra Fredda e promuove l'egemonia incontrastata del capitalismo globale. Le residue speranze ingenuamente riposte nel futuro, caratteristiche del dopoguerra, cedono il passo alla consapevolezza dei limiti del mondo: risorse, economia, crescita, città; nessuno di questi elementi può espandersi all'infinito, richiedendo una comprensione più attenta di come rapportarsi alle nuove restrizioni.

In questo contesto, l'architettura si indirizza verso nuove ricerche e interpretazioni. Il contesto, precedentemente oscurato dall'International Style, riconquista forza e centralità. Nel 1978, a Roma, una città intrisa di stratificazioni storiche, si tiene la mostra "Roma interrotta". In questo evento, numerose figure dell'architettura sono chiamate a reinterpretare la storica pianta del Nolli del 1748 secondo le proprie visioni e prospettive.

Nell'ampia gamma di interpretazioni, emerge chiaramente la potenzialità dell'architettura nel plasmare spazi urbani in cui gli edifici "conspirano tra loro", dando forma a un panorama scenografico. Tra gli architetti che hanno partecipato all'esposizione, Paolo Portoghesi merita un'attenzione particolare per la sua proposta unica e intrigante. Nelle incisioni realizzate su sughero, offre ai visitatori una visione suggestiva, reinterpretando la forma della città nell'ottica del paesaggio tufaceo del Nord del Lazio.

In un contesto che oscilla tra il Futurismo e un ritorno al Barocco, Portoghesi adotta un approccio distintivo: quello del legame profondo con la natura e della sua connessione inseparabile con lo spazio urbano.

Paolo Portoghesi, tavole di sughero incise, Roma interrotta 1978

Accanto ai lavori citati da "Roma interrotta" a Hautes-Formes cominciano ad emergere negli anni ottanta delle chiavi di lettura del contesto ancora più complesse.  

1) La prima farà tesoro soprattutto del concetto di "palinsesto" deriva dal pensiero di Peter Eisenman e si basa su una serie di stratificazioni geografiche e su una rilettura critica ed estremamente dinamica delle situazioni urbane. 

2) La seconda lavora sempre sul contesto, ma scegliendo come proprio campo di azione quello residuale, abbandonato e caotico delle periferie urbanizzate. Si tratta di Frank Gehry

3) Una terza chiave di lettura è formalizzata da Zaha Hadid che lavora nel concetto di contesto interpretandolo, letteralmente tra l'altro, come "tessitura". Questa chiave combina contesto e paesaggio e formerà un nuovo modo di pensare il progetto di architettura. 

I tre approcci nascono e mantengono una posizione di minoranza, senza generare realizzazioni di rilievo nel corso degli anni ottanta. Tuttavia, si configurano come esercitazioni sperimentali che rivelano due fatti di fondamentale importanza: in primo luogo, l'architettura non può più ignorare il rapporto con il luogo e il contesto; in secondo luogo, è proprio da queste ricerche di nicchia che emergerà la forza trainante per una straordinaria fioritura della ricerca architettonica nell'ultimo decennio del secolo.

Nell'ambito dell'architettura americana, al di là dell'oceano, Peter Eisenman si confronta con il depauperamento dei concetti di "autonomia estetica", "contesto" e "città". Si immerge in una profonda ricerca personale volta a comprendere come superare il rifiuto delle attuali tendenze. Nel corso del suo lavoro, Eisenman sviluppa il concetto di "Layer": trame celate dal tempo, indipendenti tra loro e plasmate da logiche differenti, che, una volta sovrapposte, delineano il progetto nella sua completezza. La prima sperimentazione di questo concetto avviene nella progettazione del complesso di Cannaregio a Venezia nel 1978. Questo progetto si configura come un catalizzatore temporale, dove convergono tutte le trame che nel corso del tempo la città ha generato.
Nel proseguire la sua instancabile ricerca, in parallelo al nuovo concetto di "Layer", Peter Eisenman identifica il principio dell'"in between", che trova concretezza nel progetto del Wexner Center per la Ohio State University. L'edificio diventa un elemento densificante che si insinua tra le vestigia delle costruzioni preesistenti, riducendo il consumo di suolo vergine.

Peter Eisenman, Wexner Center per la Ohio State University 

Il concetto di "residuale" assume una rilevanza particolare nel contesto statunitense, influenzato anche dal lavoro di Frank O. Gehry. Gehry, leggendolo su un piano più teorico che spaziale, delinea un punto di fusione tra architettura e Pop Culture. Egli colloca il paesaggio metropolitano al centro del suo lavoro, dove la volontà di razionalizzare il mondo ed renderlo efficiente cede il passo all'assemblaggio informale di elementi propri del contesto, che danno forma all'oggetto architettonico.

Frank O. Gehry, Gehry House, 1978

In questo scenario di ricerca e contesto, emerge la figura dell'architetto Zaha Hadid, una personalità affascinante che sembra sintetizzare tutte le indagini e le dicotomie esaminate in precedenza. La sua radice artistica, richiamante i dipinti di Paul Klee, le consente di strutturare relazioni astratte che, attraverso vari passaggi formali, plasmano l'architettura. Nei suoi progetti, è evidente come i "Layer" del contesto modellino l'oggetto e, allo stesso tempo, come quest'ultimo sembri assemblare il contesto in un nuovo concetto di naturalità.
La sua attenzione rivolta alle opere infrastrutturali, come ponti, strade e ferrovie, la porta a concepire l'edificio come un'infrastruttura di connessione, non solo con il costruito ma anche con il naturale. Le opere di Hadid rifiutano la staticità, muovendosi, fluidificandosi e fondendosi con l'ambiente circostante. Un esempio eloquente di ciò è rappresentato dalla Vitra Fire Station.

ZaHa Hadid, Vitra Fire Station

Zaha Hadid incarna appieno la società contemporanea nel suo movimento frenetico e nella profonda interconnessione. I suoi edifici, che si plasmano con elegante dinamismo, fungono da punti di connessione tra l'artificiale e il naturale. Potrebbero essere considerati simboli di una società globalizzata, tecnologica e sinergica.


LA SCACCHIERA





BANG





Commenti